Tiziano Ferro, L’amore è una cosa semplice

Tiziano Ferro è il migliore cantautore italiano in attività. Migliore: superlativo relativo, ma i termini di paragone scarseggiano. Nessun altro unisce versatilità, forza espressiva e originalità nella scrittura quanto lui. Un giorno canta De Andrè, il giorno dopo è su un palco a fare “Rumore” con la Carrà; può finire in un disco di Mary J. Blige come in uno dei Linea77 e gli accostamenti saranno comunque adeguati – merito, oltre al suo talento interpretativo, del saper applicare la varietà dei suoi gusti musicali alle produzioni. Questa eccentricità si è sentita tutta nei suoi primi quattro album: compilation non sempre coese di tradizione, wannabismi americaneggianti e esperimenti elettronici anche piuttosto arditi.

Alla vigilia de L’amore è una cosa semplice, sorgevano diversi timori: “La differenza tra me e te” non aggiungeva molto al suo repertorio; la lista dei collaboratori sembrava invariata; il passaggio da Battiato e Fossati a Nesli e Irene Grandi non prometteva bene; la copertina scontata e l’ennesimo video di Morbioli lasciavano presagire una mancanza di idee anche nella presentazione del prodotto. Ci si aspettava, insomma, un placido disco di transizione, un disco che dice: “coming out o no, sono sempre lo stesso, tranquilli, non è cambiata una virgola”.

All’incalzare del ritornello della traccia 2, tutti questi pregiudizi vanno a farsi benedire: davanti alle ballate di Tiziano Ferro, ci si può solo arrendere, e poco importa se l’arrangiamento non cambierà la storia della musica, se le liriche sembrano battere sentieri conosciuti, se il pezzo potrebbe tranquillamente venire da uno degli album precendenti.

Tuttavia sarebbe scorretto dire che nel complesso manchi la creatività. “Sperimentazione” nel pop è in genere sinonimo di follie elettroniche futuristiche, ma le tracce più coraggiose di quest’album prendono invece la direzione opposta: blues (“…ma so proteggerti”), bossa nova (“TVM”), swing (“Quiero vivir con vos”). Sebbene Tiziano Ferro si trovi a suo agio con tutti questi registri e i risultati siano senz’altro gradevoli, i momenti più belli e toccanti sono da cercare altrove: “La fine”, perfetta confessione presa in prestito da Nesli, e il finale di “10.000 scuse”. In questo interludio, il cantante ricicla i versi di “Centoundici”: è il Tiziano dieci anni fa,  che a sua volta scriveva al se stesso adolescente: “Continua a cantare / Regala senza sosta il tuo amore”. E così ha fatto.

Tiziano Ferro sa ancora distruggerti con due versi, sa ancora scrivere una ballata e renderla universale sfruttando lo spazio negativo del non detto (del resto, è proprio la ricchezza di chiavi interpretative possibili ad aver decretato il suo successo – e non è solo questione di pronomi personali). Tiziano Ferro non è cambiato, Tiziano Ferro è il migliore cantautore italiano in attività.