Leggere le classifiche di iTunes

Li fanno tutti. Basta seguire l’account di un musicista con un disco in uscita e li vedrete: gli screenshot delle classifiche di iTunes. Dalle popstar globali ai rapper di periferia, chiunque abbia qualcosa da venderti sul negozio musicale di Apple è ansioso di immortalare la posizione raggiunta dal suo prodotto. A volte non è nemmeno l’artista a dover premere ⌘+⇧+4: ci pensano i fan ed è sufficiente ritwittarli.

E che c’è di male, in fondo stanno celebrando un successo e ne forniscono le prove – chiare e in versione png. Perché non dovrebbero farlo? La risposta breve è: perché nessuno sa come funzioni la classifica di iTunes tranne iTunes.

Cercate una pagina in cui Apple spieghi la metodologia: non la troverete. C’è invece un sito non autorizzato che archivia le classifiche di iTunes, ma i suoi gestori, nella pagina delle FAQ, ammettono di non conoscere i criteri con cui vengono stilate. Per comodità, hanno scelto di pubblicare le top 100 nazionali come appaiono ogni sera alle 22.00, ricordando che gli update giornalieri – e nessuno sa quando e ogni quanto avvengano – non saranno inclusi.

Finora non è stata prodotta molta letteratura sulla classifica di iTunes, ma possiamo cercare indizi in quella (altrettanto segreta) delle applicazioni. Proprio la settimana scorsa un data scientist ha pubblicato i risultati di uno studio nato dall’osservazione dell’App Store per quasi un anno. Ha notato fenomeni curiosi.

Apple usa un algoritmo [che] è a tutti gli effetti una scatola nera. Non sappiamo come funzioni esattamente, ma molti sono giunti alla conclusione che il fattore dominante nel determinare il piazzamento in classifica è il numero di download in un breve periodo.

Qualcuno ha capito come trarne vantaggio e alcune aziende di marketing offrono servizi di boosting per fare salire il ranking delle applicazioni. Tutto sommato, non è molto diverso dall’usare la SEO per promuovere un sito o piazzare un hashtag sponsorizzato in cima ai trending topic. E per un’app, entrare in classifica è la migliore pubblicità (nonché l’unica che conti davvero, in un mercato saturo di iconcine intercambiabili).

È probabile che le classifiche musicali usino un algoritmo simile. Lasciando da parte i complotti, se un artista con un discreto numero di follower posta il link di un album appena pubblicato o disponibile in pre-order, ci sarà un boost proporzionale. Di nuovo, nulla di male, se non fosse che la variazione lo porterebbe a superare altri album che stanno vendendo di più ma stabilmente. E a questo si aggiunge il problema di non sapere a quale arco di tempo faccia riferimento la classifica che stiamo leggendo, che non è né real-time né cumulativa. Troppo tardi: l’artista e i suoi fan hanno già twittato lo screenshot e la casa discografica ha mandato un trionfante comunicato stampa. Poi, qualche giorno dopo, arriva la classifica vera (quella di Billboard, della BPI, della FIMI…) e il successo di molti artisti va ridimensionato perché – e almeno di questo ne siamo certi – siamo di fronte alle vendite di una settimana intera.

(Qui bisognerebbe aprire una parentesi sulla FIMI che, oltre a circa 3.500 punti vendita, tiene conto dei negozi digitali, ma quanti e quali non si sa. A contrario delle classifiche britanniche, non abbiamo dati precisi: ci forniscono dei numeri solo quando un album/singolo raggiunge il disco d’oro/platino/diamante. Ci dobbiamo fidare, ma almeno ne conosciamo la metodologia e sappiamo che arriva ogni giovedì.)

Se la classifica dell’App Store è stata osservata con più attenzione e contestata con più fervore è forse solo perché chi si occupa di applicazioni ha più dimestichezza con gli algoritmi rispetto a chi vende o incide musica. O forse perché Apple ha inventato un sistema perfetto per l’industria discografica: tutti possono ambire alla top 10 con qualche accorgimento, che è più una vetrina che una classifica. Tuttavia, da consumatori o addetti ai lavori, smettiamo di trattare la classifica di iTunes come un parametro affidabile.