Suor Cristina da The Voice: sister novelty act

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Dev’essere un bel sollievo, per quelli di The Voice, averne azzeccata una. Il programma è stato un successo televisivo negli Stati Uniti e si sta risollevando nel Regno Unito, ma in entrambi i territori non ha ancora prodotto una star internazionale (e se allarghiamo il discorso agli altri 48 paesi che trasmettono il format, peggioriamo solo le statistiche). Ma non è necessariamente colpa di The Voice se americani e inglesi, una volta spento il televisore, “si dimenticano” di comprare gli album: da tempo, American Idol non dà garanzie maggiori (e gli artisti più fortunati sono spesso cantanti country impossibili da esportare), mentre X Factor UK deve fare, prima di tutto, un grande lavoro di manutenzione sugli artisti già lanciati negli ultimi dieci anni su un mercato saturo. Perché non ci sarà posto per i nuovi One Direction finché gli One Direction non mostreranno segni di cedimento, e se mostreranno segni di cedimento, sarà percepito in parte come un fallimento del format e <signora mia> del meccanismo usa-e-getta di questo sporco mondo dello showbiz </signora mia>.

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Quelli di The Voice, dicevamo, ne hanno finalmente azzeccata una – e in Italia, per giunta! Breve riassunto: Cristina Scuccia, una suora di 25 anni, si presenta alle blind auditions cantando “No One” di Alicia Keys, i quattro giudici si voltano, lei sceglie J-Ax, la clip diventa virale. E per virale non s’intende “cinque amici l’hanno messa in bacheca su Facebook” ma: Buzzfeed, HuffPo, Guardian, Mashable, Time, Today Show, un retweet di Whoopi Goldberg e uno di Alicia Keys. Tre giorni dopo, il video è arrivato a 13 milioni di visualizzazioni (quello più visto dell’ultima edizione americana, per intenderci, non ha ancora toccato i tre milioni).

Fattori che possono avere aiutato questo successo: ultimamente non è uscito nessun video musicale controverso o di grande impatto, è finito il SXSW, è finita la stagione dei premi (chissà se anche Suor Cristina conosce i nomi di tutti gli animali e attira i fenicotteri sulle terrazze). Chi si occupa delle pagine di intrattenimento ha accolto la suora canterina sgranando i clic come le perle di un rosario (non vi preoccupate, dopo faccio altre battute a sfondo religioso, forse faranno ridere). E poi, inutile negarlo, il video con le amiche suore che esultano dietro le quinte e J-Ax che piange è irresistibile.

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Il Time chiede: “È la nuova Susan Boyle?”. Non è un paragone azzardato perché era dal 2009 che un talent non sfornava un fenomeno simile, trasformando da un giorno all’altro la gattara scozzese di Britain’s Got Talent in una star internazionale con una commovente storia di riscatto e 20 milioni di copie vendute. J-Ax, The Voice, Rai e soprattutto Universal sono seduti su una miniera d’oro delle stesse proporzioni, ma qui arrivano i problemi. Innanzitutto, per com’è strutturato il programma, non sentiremo cantare Suor Cristina fino alle battles della sesta puntata, presumibilmente in onda il 16 aprile: un’eternità. Se hanno già registrato l’episodio, c’è da sperare che non l’abbiano fatta fuori e che sia passata alla parrocchia di Raffaella Carrà col meccanismo dello steal (un giudice elimina un concorrente, un altro giudice gioca un jolly e lo porta nella sua squadra). Perché, per quanto possa essere folcloristico vedere il rapper tatuato e la suora che cantano “Ohi Maria” (Dio, dacci questo duetto), vuoi mettere un giro promozionale agli UnoMattina di tutto il mondo con accanto la Carrà? Si sa esprimere in inglese e nei paesi ispanofoni è già una divinità di suo: le due sarebbero inarrestabili. Il secondo problema è cosa farle cantare: The Voice prevede un inedito, ma per sostenere l’interesse virale e conquistare il target di riferimento ci vogliono cover azzeccate, duetti di prestigio, e in generale un livello di produzione superiore a quello concesso a Elhaida Dani. E infine, serve il coinvolgimento del Papa. Non una telefonata, ché all’estero mica lo sanno quanto Bergoglio ami alzare la cornetta per salutare gli sconosciuti: ci vuole un endorsement serio via Twitter e una foto insieme.

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Con le mosse giuste, sì, Suor Cristina potrebbe diventare la nuova Susan Boyle, che però aveva alle spalle un uomo molto più potente del Papa: Simon Cowell. Nel 2009, il discografico inglese era in stato di grazia: ancora ringalluzzito dai risultati planetari di Leona Lewis, non esitò a mungere la sua nuova mucca fino a farla impazzire (non è un’esagerazione). Suor Cristina, per fortuna, sembra una donna equilibrata e abituata al contatto con le persone, ma riuscirà a sostenere certi ritmi solo con l’energia di Cristo? È un successo già sproporzionato rispetto al suo contenitore, e anche il novelty act più clamoroso, se gestito non come una proposta discografica seria ma, appunto, come un novelty act, rischia di fare una brutta fine: un’ospitata, ogni anno, a Natale in Vaticano.

Il Signore dà, il Signore toglie. E il Signore, per il momento, basta che risollevi quel 9% di share per farci credere nei miracoli.

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