Emma alla finale dello Eurovision Song Contest 2014: cosa funziona

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Emma è un’ottima scelta per rappresentare l’Italia allo Eurovision Song Contest. Se lo scopo principale è fare sì che gli italiani tornino a interessarsi dell’evento, Emma e Mengoni erano tra i nomi migliori possibili. È un caso unico all’interno della manifestazione e lo confermano i dati dei social: Emma ha più del doppio dei fan di tutti gli altri concorrenti messi insieme. E sebbene questi numeri non ci dicano chi è il più popolare in assoluto bensì il più popolare nella nazione di provenienza, l’Italia può vantare artisti all’apice della loro carriera e discograficamente rilevanti. In questo senso, l’operazione è più che riuscita.

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È un peccato notare come Sanremo, negli ultimi due anni, abbia scansato o solo sopportato l’affiliazione con lo ESC (non dimentichiamoci che il format europeo è stato creato a immagine e somiglianza del nostro festival). Tuttavia, l’indipendenza da Sanremo (o da un talent show) aumenta le probabilità di poterci presentare con grossi nomi.

Emma dal vivo è fortissima (e su questo si trovano d’accordo anche tutti i suoi detrattori), ma “La mia città” è un brano difficile. È apprezzabile che sia interamente in italiano perché le canzoni bilingui sono sempre un compromesso fastidioso oltreché poco artistico, e creano uno strano effetto di cerchio/botte. Tuttavia, facendo un ragionamento strategico, “La mia città” non usa parole che lo straniero medio potrebbe riconoscere e subito memorizzare e canticchiare. La presenza di un “amore” nel titolo e nel ritornello, per esempio, faciliterebbe le cose.

Non è vero che l’inglese suona sempre meglio dell’italiano. Per esempio, “tombini invadenti” è meglio di “intrusive manholes” e “amo parcheggiare distratta” è meglio di “I love parking inattentively”. (Traduzioni dal sito ufficiale)

Canzoni di Emma che, sebbene non eleggibili per il 2014 perché incise troppo tempo fa, sarebbero state più adatte per lo Eurovision:
– “Amami”
– “Cercavo amore”
– “Dimentico tutto”
– “L’amore non mi basta”

Canzoni italiane incise nell’ultimo anno che sarebbero state adatte per lo Eurovision:
– “L’anima vola” di Elisa (con questa si vinceva)
– “Liberi o no” di Raphael Gualazzi e Bloody Beetroots (tutti gli elementi al posto giusto: canzone perfetta per l’evento; un interprete abbastanza riconoscibile agli eurofan dopo il suo secondo posto nel 2011 e un personaggio di forte impatto con credibilità internazionale)
– “La mia stanza” di Giorgia
– “Logico #1” di Cesare Cremonini
– “Odiare” di Syria
– “Bagnati dal sole” di Noemi
– “L’amore possiede il bene” di Giusy Ferreri
– “Dimmi che non passa” di Violetta

Un artista allo ESC si gioca tutto in tre minuti di diretta e deve essere subito memorabile. Per essere memorabile, deve essere facile da incasellare e riassumere in poche parole. L’obiettivo si raggiunge in tre modi:
Gimmick (es.: l’Islanda ha i pazzi con le tute colorate, l’Austria ha la drag queen barbuta, la Polonia ha le lattaie in costume tradizionale)
Scelte musicali-stilistiche (es.: l’Ungheria ha il pezzo impegnato, i Paesi Bassi sono country, il Belgio ha un tenore da incubo)
Fattori esterni (es.: la Russia, l’Ucraina)
Emma non può contare su nessuno di questi elementi e potrebbe rappresentare uno svantaggio. Per spiegare Emma ai non italiani, si possono tirare in ballo Jessie J per la personalità e Pink per la musica (tuttavia, il pop/rock di stampo anglosassone di Emma al momento trova pochi punti di riferimento internazionali). Spiegarla ai tedeschi è più facile perché hanno già familiarità con Gianna Nannini.

Il videoclip de “La mia città”, in cui molti europei l’hanno vista per la prima volta, disorienta. Per quanto faccia piacere vedere Emma più divertita dal suo ruolo di popstar, è un video che sfida il marchio da promuovere perché racconta una storia diversa dal solito: l’anti-diva è diventata diva eccentrica. Allo stesso modo, la pomposa esibizione di sabato, in cui Emma si presenterà vestita da imperatrice con mantello bianco e foglie d’alloro, non ha un legame immediato né col brano né col personaggio (e nemmeno con la cartolina/ident in cui Emma compone la bandiera italiana con una caprese).

Il piazzamento in classifica di Emma (per ora 17° secondo le agenzie) susciterà sicuramente teorie del complotto tra i suoi fan sui social, come accadde l’anno scorso con Mengoni. I fan potranno dire ciò che vogliono, ma il timore è che vengano assecondati dall’artista. Lo spirito dello Eurovision è tutt’altro, e speriamo che si sappia. emma-tweet

Certo che però fare peggio di San Marino sarebbe doloroso.

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Eurovision Song Contest 2014: la guida alle canzoni

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Anche quest’anno vi ho fatto la guida alle canzoni in gara allo Eurovision Song Contest, che si tiene a Copenhagen dal 6 al 10 maggio. Qualche informazione utile per fare felice gli dei della SEO:
• le semifinali di martedì 6 e giovedì 8 andranno in onda su Rai4;
• la finale di sabato 10 andrà in onda su Rai2 commentata da Linus e Nicola Savino;
• l’Italia, facendo parte delle big five, si qualifica direttamente alla finale e voterà nella prima semifinale;
• di Marrone/Marrone, “La mia città”, canta Emma.

Dentro questo agile menù a fisarmonica trovate: i video ufficiali di tutti i brani; una breve recensione; un giudizio da 1 a 5 sulla qualità del pezzo, la quantità di locura prevista e le possibilità di vittoria (calcolate con un complicato algoritmo che unisce le quotazioni dei bookmarkers alla mia preveggenza); un riassunto del tutto inutile con un emoji (perché noi millennials ci esprimiamo così) (#giornalismo).

Albania

Hersi ha vinto il Sanremo albanese e con questa canzone avrebbe anche potuto gareggiare nel Sanremo italiano di una ventina di anni fa. Studia all’Accademia di Santa Cecilia e cita tra le sue influenze musicali Lady Gaga, Céline Dion, Rihanna, Björk e gli Abba. Non ha chiaramente mai ascoltato nessuno di questi artisti, ma ha invece rubato l’ugola a Shakira. Siamo solo al primo concorrente e mi sembra già di farvi perdere tempo. Amici albanesi, sarà per un’altra volta.
Armenia

Lui si chiama Aram MP3. Il nome d’arte è tremendo, ma vi consolerà sapere che gli è stato affibbiato dal pubblico ai tempi in cui faceva il comico (sai che risate). “Not Alone” è una ballatona al piano serissima e intensa che cresce con archi à la Craig Armstrong e un delirio post-dubstep del tutto ingiustificato. Tuttavia, tocca le corde giuste, è più moderna del previsto ed è già data come super-favorita. Il video copia un po’ “Non me lo so spiegare” di Tiziano Ferro.
Austria
Conchita Wurst è un’ipnotica drag queen con la barba. Non si parlerà d’altro e il personaggio probabilmente oscurerà la bella ballata da colonna sonora di James Bond con cui gareggia. Al di là del piazzamento in classifica, sarà la protagonista dell’edizione.
Azerbaijan
Niente locura per gli azeri: Dilara Kazimova porta una ballata classica di grande stile. Purtroppo, il brano perde l’occasione di rendersi più interessante dal secondo verso in poi e rischia di risultare un po’ monotono (per non dire soporifero). La messa in scena influirà molto e potrebbe aggiungere quella scintilla che per ora manca alla versione in studio.
Belgio
Non lasciatevi ingannare da quel miracolo di Stromae: il Belgio sa anche fare musica mediocre. Qui abbiamo una voce dal grandissimo potenziale usata per una canzone sulle mamme. “Son tutte belle le mamme del mondo (2014 edit)”. Gli scommettitori lo mettono addirittura tra i primi dieci, ma se passa in finale, io cambio continente.
Bielorussia
Lui è Teo, il Robin Thicke bielorusso. Non si capisce se quel modo di fare sia ironico o se creda veramente nel suo potere di seduzione su ogni donna che passa. “Cheesecake” è una canzoncina scema ma innocua a metà tra novelty e quello che, appunto, potrebbe cantare Robin Thicke.
Danimarca
Se pensate di twittare: “Questo sembra Bruno Mars!”, sappiate che l’hanno già fatto tutti. La sera in cui Basim ha vinto le selezioni nazionali, infatti, “Bruno Mars” era nei trending topic danesi. Scubidubidà. Il pezzo si basa sui cliché della canzone d’amore e, furbescamente, gli autori lo ammettono a partire dal titolo. La musica è altrettanto furba e, se lo ESC non fosse già in Danimarca, avrebbe serie possibilità di vincere.
Estonia
Una popstar che perde subito un migliaio di punti presentandosi scalza. E che, a seconda delle inquadrature, ricorda una giovane Tori Amos. Non lasciatevi trarre in inganno dal titolo: “Amazing” non è amazing. Forse, con una produzione un po’ più curata, potrebbe funzionare. Così com’è, è una canzone da ESC che rischia di perdersi tra decine di cose simili, ma fatte meglio.
Finlandia
Anche quest’anno non poteva mancare la band munita di chitarre che non c’entra granché con la manifestazione. Tuttavia, questi Softengine sono meglio di tanti dei loro predecessori: l’incontro tra il pop-rock anglosassone e l’arguzia scandinava della produzione genera un brano incisivo e radiofonico. Il loro primo album uscirà con la Sony: vuoi vedere che eccetera.
Francia
Eh, Francia, cos’è tutta questa ironia? La pagina di presentazione dei Twin Twin dice che rappresentano la YOLO generation, che evidentemente ora è una cosa che esiste. Cantano di come si può essere infelici pur avendo tutto ciò che si desidera fuorché i baffi e sotto sotto faccio il tifo per loro. Potrebbero essere la versione aggiornata del mitico Philippe Katerine e, come lui, potrebbero fare poca strada fuori dall’Esagono.
Georgia
Un gruppo che unisce folk e jazz in un video che risponde alla domanda: “Come sarebbe Treme se fosse ambientato in Georgia?”. Tre minuti di canzone di cui uno interamente dedicato a fare yodel. Vorrei tanto potere guardare tutto ciò attraverso un monocolo hipster e promuovere – almeno ironicamente – questa roba, ma non ci riesco.
Germania
Attenzione ai tedeschi perché la loro proposta ha tutti gli ingredienti per andare molto bene: una cantante figlia di una polacca e un ucraino che gareggia per la Germania, una voce femminile particolare ma gradevole, influenze folk e spirito indie, un testo in inglese semplice su una melodia un po’ strascicata che ti si pianta in testa e – giuro – non se ne va più. Gli scommettitori per ora posizionano Elaiza a metà classifica e secondo me si sbagliano di grosso.
Grecia
La Grecia quest’anno fa sul serio. Un rapper (l’unico in gara), un vocalist e un dj con un pezzo che si colloca a metà tra “We No Speak Americano” e “Mr. Saxobeat”. Una truzzeria unica che funziona alla grande e risulta ballabile e subito memorabile. Non fatela sentire a will.i.am perché è il pezzo che cerca di fare da anni.
Irlanda
Al di là del video girato con la cura di un prediciottesimo, questa canzone ha il suo perché, almeno in quell’introduzione tesa e incalzante. Ahinoi, il ritornello rovina tutto con la sempreverde pratica dello smarmellamento e l’arrivo degli strumenti tradizionali. È un buon tentativo di imitare la ricetta di Emmelie de Forest, ma non avrà la stessa fortuna.
Islanda
Ma sì, Islanda, continua a fare finta di non avere musicisti validi in tutta l’isola. Non volete vincere? Almeno non fatevi sgamare così, mandando a Copenhagen questo gruppetto adolescenziale pop-punk che ci distrae coi vestiti colorati (in difesa dei Pollapönk, il loro obiettivo dichiarato è fare musica semi-educativa che possano ascoltare anche i bambini). L’Islanda si guadagna inoltre il grande “CHE COSA?” di questa edizione: il testo è stato tradotto in inglese con la consulenza di JOHN GRANT. Appunto, CHE COSA?
Israele
Un BANGER, finalmente. Mei Finegold canta col vocione un pezzo influenzato dall’EDM contemporanea che parte fortissimo ma si perde un po’ nel ritornello. Però, un BANGER, finalmente.
Italia
È un discorso che merita più di cinque righe e lo affronterò in un post a parte.
Lettonia
Non stupitevi se siete ultimi per i bookmakers. La torta? Dovete fare la torta. E ci cantate la ricetta. È una metafora o avete fatto scrivere questo testo da bambini in età prescolare? Peraltro, quella è l’unica fascia di pubblico che potrebbe volervi ascoltare. E poi in gara c’è già la cheesecake del bielorusso.
Lituania
Cara Vilija, avevi la mia curosità, ma ora hai la mia attenzione. Te la sei guadagnata aprendo la canzone con: “ATTENTION!”. L’arrangiamento è uno dei più interessanti di questa edizione, così come l’interpretazione. Tuttavia, il testo è un po’scemo e non si capisce perché l’esibizione comprenda un balletto con tutù. Peccato.
Macedonia
Questa è la Emma macedone! Tuttavia, ha un brano molto più facile di quello di Emma e avrei scommesso di vederla molto più in alto nelle quotazioni. È eurodance da manuale e il video cerca di accontentare tutti con lei che si struscia e una squadra di operai seminudi (doppio specchietto per le allodole), ma per i bookmakers è terzultima. Insomma, spacciata ancora prima di poterci provare.
Malta
 I Mumford & Sons si sono sciolti, ma a Malta non è ancora arrivata la notizia. Come dite? Non si sono sciolti alla fine? E allora cosa ce ne facciamo della loro versione maltese? Tornando “seri”, i Firelight hanno un video dedicato ai caduti della prima guerra mondiale (…) e fanno un folk-pop molto gradevole e pericolosamente contagioso. Metto due stelline subito perché se l’ascolto ancora ho paura di dargliene tre o quattro.
Moldavia
Ora vi spiego cosa faccio quando mi trovo davanti a una canzone scialba ma passabile come “Wild Soul” e non ho alcuna opinione originale in proposito: guardo com’è messa la nazione nella graduatoria delle scommesse. Sta molto in fondo, quindi risparmiamo tempo prezioso e andiamo avanti sperando che non diventi la vincitrice.
Montenegro
Io sono ancora furibondo per l’eliminazione del Montenegro nel 2013, quindi speravo che la canzone di quest’anno fosse all’altezza di “Igranka” e potesse vendicare gli Who See. Ebbene, no. Ci è capitato il Kekko montenegrino nonché uno dei brani peggiori dell’edizione.
Norvegia
Il Bon Iver norvegese ha vinto le selezioni nazionali contro un sopravvissuto alla strage di Utoya che era dato come favoritissimo. L’incredibile potenza di “Silent Storm”: è una lagna, ma una lagna epica che potrebbe commuovere mezza Europa. Nulla di più lontano dal pop apocalittico della meravigliosa Margaret Berger, ma anche quest’anno la Norvegia è in zona podio – e se lo merita.
Paesi Bassi
I Common Linnets sono due cantanti di successo (a casa loro) che hanno deciso di unire le forze per lo Eurovision. E con lo Eurovision non c’entrano proprio niente, questi due olandesi con la testa a Nashville. Eppure il loro pacatissimo brano country convince (presentarsi in gara con una canzone vera è già un bonus, in questo contesto) e potrebbe dare più soddisfazioni di Anouk.
Polonia
Donatan è un produttore tamarro, Cleo è una cantante tamarra. È colpo di fulmine pieno di locura. Portano un brano che potrebbero cantare le Little Mix o una girlband coreana ma, dove di solito troviamo un breakdown dubstep, loro inseriscono un intermezzo di musica tradizionale. È la risposta polacca a “Girls (Who Run the World)”: un inno di girl power che celebra le bellezze dell’est e si fa aiutare da un video un po’ pecoreccio ma ironico. Non vinceranno mai, ma almeno ci faranno divertire.
Portogallo
Dopo la pausa di un anno dettata da ragioni economiche, il Portogallo torna in grande stile. Suzy, con un costume rubato a Ballando con le stelle e una banda di percussionisti, porta un pezzo dance con fisarmoniche e influenze brasiliane. È la concorrente in quota Alpitour di quest’anno e non potrà fare molto per migliorare la lunga serie di insuccessi del Portogallo allo ESC.
Regno Unito
Dice che quest’anno si sono impegnati, che “Children of the Universe” è la loro migliore proposta dopo tanti anni di mediocrità. Sarà. Il brano parla del potere della Gente, dell’amore e dell’unione su un arrangiamento ricco, vario e con un beat contemporaneo. È stato scritto apposta per l’occasione, si sente che è stato pensato per un’arena e gli scommettitori gli stanno dando fiducia. Tuttavia, considerando che il Regno Unito è l’unica nazione che potrebbe vincere a occhi chiusi, questa Molly sembra l’ennesimo ripiego. Vabbè, dominate l’industria discografica 364 giorni all’anno: per una serata lasciate giocare il resto dell’Europa.
Romania
La Romania fa il suo bel compitino europop con un duettone tra un cantante dalla voce un po’ anonima e un’urlatrice in vena di key-change. In compenso, fanno un’esibizione futuristica come non ne vedremo mai a Sanremo. Le intenzioni sono buone, ma il risultato e la performance hanno scarso impatto. 
Russia
La Russia arruola due gemelle di 17 anni che fanno musica che nessun loro coetaneo si sognerebbe mai di ascoltare. O forse no, visto che in patria sono delle piccole star con alle spalle una vittoria al Junior Eurovision Song Contest. La canzone è così generica da farci rimpiangere le nonnine panettiere. (PS: come stanno le nonnine? L’hanno poi costruita quella chiesa?)
San Marino
La Vale! La ragazza sta diventando il Daniele Piombi dello Eurovision. E ce la ritroviamo per il terzo anno consecutivo in gara. I fasti di “Facebook Oh Oh Oh” sono lontani.
Slovenia
Allora, lei è Tinkara, canta un po’ in sloveno e un po’ in inglese e il suo selling point, ci fanno sapere, è il flauto traverso. Ah be’, allora siete tutte Emmelie de Forest. Il pezzo non è nemmeno così malvagio, ma se lo scopo di questa guida è dirvi cosa dovete tenere d’occhio, tranquilli, potete saltare questo pezzo senza rimpianti.
Spagna
Ruth Lorenzo è una cantante spagnola trasferitasi in Inghilterra. Lì è diventata “famosa” con X Factor nel 2008. Io quella stagione l’ho pure vista (vinse Alexandra Burke), ma non avevo nessun ricordo di questa Ruth. Eppure arrivò all’ottava puntata! La canzone è rimasta anch’essa al 2008 perché sembra quello che avrebbe potuto scrivere Ryan Tedder per una popstar a quei tempi. Si urla, si fanno le facce intense, si è già in finale, non si vince.
Svezia
Al Melodifestivalen io tifavo per la più divertente “Busy Doing Nothin'” di Ace Wilder, ma bisogna riconoscere che Sanna Nielsen fa il suo dovere alla grande. “Undo” è una ballatona incalzante e intensa prodotta in modo impeccabile. Perché questo sanno fare gli svedesi ed è inutile provare a batterli nel loro sport nazionale.
Svizzera
Sebalter in realtà si chiama Sebastiano e vive nel Ticino. C’ha la faccia simpatica e una canzone simpatica in territorio Rubino-spiritoso incontra Antonio Maggio. C’è un punto in cui canta: “I am so wet, I am dirty”, evidenziando una certa goffaggine con l’inglese. Cliccate con prudenza perché la parte fischiettata non si stacca più dal cervello.
Ucraina
L’Ucraina è tra le super-favorite, peccato solo che Mariya Yaremchuck non porti una canzone bella quanto lei. Il titolo viene da Ke$ha, il testo viene da un generatore automatico di parole d’amore, la musica è un po’ datata (ma nel mondo post-“Get Lucky” potrebbe essere abbastanza datata da sembrare contemporanea). Sarebbe una vittoria che mette d’accordo tutti, e quindi una vittoria un po’ noiosa.
Ungheria
András Kállay-Saunders ha la voce e l’aspetto di una popstar e porta una canzone che avrebbe più chance nelle radio e nelle classifiche britanniche della canzone che portano i britannici. Sembra davvero pensata per la playlist di Radio One, quindi bravi ungheresi. “Running” affronta il tema della violenza domestica e il video è pesantissimo, quindi il cantante si trova nella difficile posizione di portare roba triste a un concorso spensierato. Il suo successo a Copenhagen dipende da come saprà gestire questo equilibrio.