55 canzoni che hanno in comune l’anno di pubblicazione, ordinate secondo il mio personale giudizio. Una playlist su Spotify o una playlist su Deezer.

55 ⋅ LA ROUX ⋅ LET ME DOWN GENTLY
Elly Jackson torna dopo una lunga assenza, si riimmerge negli anni ’80 e ne esplora i suoni più malinconici (e kitsch). È cambiata, ma non ha dimenticato come si fa pop di grande livello. “You’re not my life but I want you in it” è un verso che le si potrebbe dedicare: con lei in attività, si sta un po’ meglio.

54 ⋅ SHAKIRA FEAT. RIHANNA ⋅ CAN’T REMEMBER TO FORGET YOU
Sembrava un successo garantito, ma ha ricevuto attenzioni solo dai quotidiani italiani che volevano un video di Rihanna in homepage. Shakira si è poi rifatta in estate, ma la svolta ska di “Can’t Remember…” era senz’altro più meritevole dei cori per hooligan.

53 ⋅ CLUB DOGO FEAT. ARISA ⋅ FRAGILI
La somiglianza con “Dark Horse” di Katy Perry è in realtà un vantaggio: fa sembrare “Fragili” una canzone di questo secolo (cosa piuttosto rara, tra i successi italiani). E Arisa, come si era sempre sospettato, ha un potenziale inespresso nell’elettronica.

52 ⋅ YELLE ⋅ COMPLÈTEMENT FOU
Assistere alle matterie di questo buffo ibrido tra Gianni Boncompagni e Kyary Pamyu Pamyu fa sempre sospirare: “Ah, se ci fosse almeno UNA cantante in Italia intenzionata a fare pop divertente”. Poi immagino la Amoroso a cavallo di una pannocchia gigante e penso che, tutto sommato, siamo a posto così.

51 ⋅ ONE DIRECTION ⋅ FOOL’S GOLD
Se non l’avete ancora capito da soli, ve lo ricordo: gli One Direction sono diventati un ottimo gruppo, capace scrivere e interpretare grandi ballate. Dovrebbe capirlo anche chi sceglie i loro singoli e ha preferito la scialba “Night Changes” a “Fool’s Gold”.

50 ⋅ RÓISÍN MURPHY ⋅ ANCORA ANCORA ANCORA
Forse dovremmo preoccuparci se l’album italiano più interessante dell’anno viene da un’irlandese che rivisita classici nostrani degli anni ’60 e ’70. Róisín si confronta con Mina, ma in un campionato così diverso da uscirne non solo illesa ma addirittura rigenerata.

49 ⋅ NINA NESBITT ⋅ SELFIES
Molte popstar avrebbero potuto incidere una canzone chiamata “Selfies”, ma Rihanna l’avrebbe trasformata in un inno al sexting e Katy Perry in una sciocchezza finto-naïf delle sue. Nina Nesbitt ne ha fatto invece un piccolo saggio di sociologia, accessibile e per nulla scontato (e non se l’è filato nessuno).

48 ⋅ BRIGHT LIGHT BRIGHT LIGHT FEAT. ELTON JOHN ⋅ I WISH WE WERE LEAVING
BLBL fa un genere di synthpop un po’ datato che non ha spazio nelle classifiche, ma tra le tante canzoni di questa classifica a essere passate inosservate, l’insuccesso di “I Wish We Were Leaving” è tra i più immeritati. C’è Elton John, santo cielo, e sono pure andati in tour insieme!

47 ⋅ KELIS ⋅ RUMBLE
Perché scegliere tra una carriera da popstar e una da saucière quando si possono unire le due cose? Kelis si libera dalle costrizioni del mercato, trova finalmente la sua vera voce e in “Rumble” la usa, con grande stile, per insultare l’ex marito.

46 ⋅ TIZIANO FERRO ⋅ SENZA SCAPPARE MAI PIÙ
A Emozioni, Tiziano ha detto che il significato di questo brano è chiarissimo: è un dialogo con se stesso. Speriamo non spieghi mai più niente: un po’ perché gli esegeti ferriani rimarrebbero disoccupati, un po’ perché il fascino della scrittura di Tiziano sta proprio nell’ambiguità, nelle frasi sconnesse e nel suo scappare.

45 ⋅ IGGY AZALEA FEAT. CHARLI XCX ⋅ FANCY
Se “Work” era la canzone della wannabe, “Fancy” è la canzone di chi ce l’ha fatta, e il suo successo globale implica che nessuno potrà più chiedere: “Who dat, who dat?”. Un brano che trasuda spudoratezza e cliché, ma salvato dall’ironia di Charli XCX – essenziale per bilanciare l’ostentata realness di Iggy.

44 ⋅ CONCHITA WURST ⋅ RISE LIKE A PHOENIX
La conchita e il wurst, la parrucca e la barba, lo spettacolo e la politica. Ma se alla base di tutto non ci fosse stata una grande canzone – una canzone così anomala su un palco che promuove il peggio dell’europop – l’avventura di Tom Neuwirth non sarebbe stata altrettanto storica.

43 ⋅ MARK RONSON FEAT. BRUNO MARS ⋅ UPTOWN FUNK
Ronson e Mars in stato di grazia. Era una bomba fin dal primo ascolto, ma è dovuta arrivare Fleur East di X Factor UK per consacrarla, obbligando la Sony ad anticiparne l’uscita di un mese e regalando a Mark Ronson il primo numero uno della sua carriera.

42 ⋅ BEYONCÉ FEAT. NICKI MINAJ ⋅ ***FLAWLESS REMIX
L’anno scorso Beyoncé si è svegliata così e ha tirato fuori un album quando tutte le classifiche erano già andate in stampa. Ora “***Flawless” può finalmente apparire nelle nostre patetiche liste grazie a un clamoroso remix del 2014 in cui Chimamanda è sostituita da Nicki (nella sua ospitata migliore dai tempi di “Monster”) e Bey commenta l’incidente dell’ascensore.

41 ⋅ ED SHEERAN ⋅ DON’T
È l’anno in cui Ed Sheeran si è trasformato da sfigato con la chitarra a cantautore universalmente rispettato (e perfino sex symbol). E se era ancora sfigato in amore, “Don’t”, con l’aiuto di Rick Rubin in studio e un loop pedal dal vivo, diventa una rivincita dal suono irresistibile.

40 ⋅ SAM SMITH ⋅ STAY WITH ME
La versione di Darkchild, col suo organo, ha accentuato l’aspetto gospel della canzone (e ha funzionato come una calamita per Grammy), ma gli archi dell’originale restano il finale migliore per la one-night stand di Sam Smith. “Stay With Me” è il fulcro di In the Lonely Hour ed è irripetibile: non gli sarà facile, ora, fare un altro album sulla solitudine.

39 ⋅ NICKI MINAJ FEAT. DRAKE, LIL WAYNE & CHRIS BROWN ⋅ ONLY
Una lezione di minimalismo nei suoni e una lezione di leadership nel testo. “Only” nasce dal bisogno di mettere le cose in chiaro su chi ha scopato Nicki all’interno della crew (spoiler: nessuno) e diventa una battaglia a tre con Chris Brown tra un round e l’altro. Ovviamente vince lei.

38 ⋅ COLDPLAY ⋅ MIDNIGHT
Quand’è stato il momento in cui mi sono finalmente accorto della grandezza di questo pezzo? Nel montaggio dell’ultima prova di Pechino Express, emozionandomi come un cretino pur odiando entrambe le coppie finaliste. Che ci posso fare, mica si scelgono, le epifanie.

37 ⋅ ST VINCENT ⋅ DIGITAL WITNESS
Annie Clark, in uno dei brani che portano ancora i segni della sua collaborazione con Byrne, ci parla di ciò che siamo diventati coi social media dell’oversharing (“A cosa serve dormire, se non è qualcosa che posso mostrarti?). Lo fa col tono di una vecchia brontolona, ma in fondo ha ragione.

36 ⋅ AZEALIA BANKS ⋅ CHASING TIME
Il talento di Azealia è stato oscurato dal suo personaggio per anni, ma quando BWET è finalmente arrivato, ci siamo ricordati perché avessimo iniziato a seguirla. “Chasing Time” fu commissionata dalla label per avere, se non una hit, almeno una canzone col ritornello. Avrebbe dovuto farne di più.

35 ⋅ MNEK ⋅ EVERY LITTLE WORD
Il key change è un trucco così banale da essere considerato un cliché. Poi arriva MNEK e, con una di quelle intuizioni che lo rendono un produttore ricercatissimo, porta un artificio per pigri alle estreme conseguenze in uno dei brani più fuori dell’anno.

34 ⋅ GIUSY FERRERI ⋅ LA BEVANDA HA UN RETROGUSTO AMARO
Giusy Ferreri, glam rock, rape drug: tre cose che fino a quest’anno sembravano incompatibili e che ora si scontrano in una canzone a dir poco spiazzante. E poi, mica è da tutti riuscire a fare stare in metrica la parola “benzodiazepine”.

33 ⋅ G.R.L. ⋅ UGLY HEART
Dovevano essere solo un reboot delle Pussycat Dolls (e per un po’ non sono state nemmeno all’altezza di quello), finché Dr Luke non ha fatto il miracolo. “Ugly Heart” è arrivata nel peggiore momento possibile (una componente del gruppo si è suicidata poco dopo la release), ma resta forse uno dei matrimoni più riusciti tra pop da classifica e ukulele.

32 ⋅ ARISA ⋅ LENTAMENTE (IL PRIMO CHE PASSA)
Arisa e Fazio (e il sottoscritto, per quel che vale) erano convinti che sarebbe stata questa la canzone a passare il turno. Ma il televoto si è rivelato più surreale degli orologi sciolti nel testo della Donà. “Lentamente”, anche senza la gloria sanremese, resta un gioiello in un album anomalo e curatissimo.

31 ⋅ LANA DEL REY ⋅ WEST COAST
Avete notizie di quelli che dicevano che Lana Del Rey sarebbe durata un mese? Neanch’io. Dà una certa soddisfazione avere assistito all’evoluzione di Grant e trovarla ancora qui a inventarsi nuovi modi di venderci la nostalgia. Prima era “Hollywood sadcore”, ora è “narco-swing”, ma funziona sempre a meraviglia.

30 ⋅ SUBSONICA ⋅ DI DOMENICA
“Sono cambiamenti solo se spaventano” è una di quelle frasi che rendono i Subsonica il gruppo perfetto per riempire annate di smemorande (o far sospirare chi le ha già in soffitta). Un inno all’adolescenza, un brano incantevole come non ne scrivevano da anni.

29 ⋅ GRIMES FEAT. BLOOD DIAMONDS ⋅ GO
Se Rihanna non ha accettato “Go”, c’è da sperare che il suo prossimo album sia tutto come minimo a questo livello. Ma ben venga il rifiuto di Rihanna: ci ha fatto scoprire il lato più accessibile di Grimes.

28 ⋅ SEINABO SEY ⋅ PISTOLS AT DAWN
La nuova promessa della musica svedese (ed è già finita su un francobollo) ha una voce da diva senza tempo stesa su produzioni intriganti, attente alle sue radici africane quanto all’R&B più modaiolo. E se le radio non si accorgeranno di “Pistols at Dawn”, è certo che i dipartimenti di syncing degli studi televisivi e cinematografici se la contenderanno.

27 ⋅ CESARE CREMONINI ⋅ LOGICO#1
Nell’anno in cui i Coldplay rifiutano di incidere hit o se le lasciano rovinare dalla mano pesante di Avicii, la migliore canzone dei Coldplay la incide Cremonini. È il tormentone che mette tutti d’accordo, e le pubblicità dei gelati non lo sminuiscono: rafforzano semmai il legame con l’estate che ha accompagnato.

26 ⋅ HOW TO DRESS WELL ⋅ FACE AGAIN
I nuovi brani di Tom Krell, e soprattutto “Face Again”, sono scheletri pop/R&B spolpati di tutti gli elementi che li renderebbero mainstream. Come ha detto in un’intervista, vuole essere “pop, non populista”, ed è nell’intersezione tra le due parole che ha trovato un universo unico e perfetto.

25 ⋅ LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA ⋅ I SONIC YOUTH
In passato, lo stile di Brondi ha attirato lodi e insulti in egual misura, ma ora che i suoi detrattori si sono calmati, ci è rimasto un cantautore prezioso. “Importante” è l’aggettivo associato a Costellazioni che si è letto più spesso ed è vero: un brano come “I Sonic Youth” – maturo, emozionante, rappresentativo senza scadere in ovvietà – ne è la prova.

24 ⋅ SIA ⋅ CHANDELIER
Dopo avere monopolizzato le classifiche come autrice, Sia torna a metterci la faccia (più o meno) e non ha intenzione di controllarsi: si aggrappa direttamente ai lampadari trasformandosi in una Rihanna depressa e instabile. Ma è soprattutto il video che resterà, IL video del 2014.

23 ⋅ KINDNESS FEAT. ROBYN ⋅ WHO DO YOU LOVE?
La melodia vocale e la musica di “Who Do You Love?” sembrano due entità separate pronte a fare a botte tra loro, ma è forse proprio questa la magia del pezzo: il delizioso scontro tra Kindness e Robyn.

22 ⋅ F(X) ⋅ RED LIGHT
Il mondo del k-pop ha metodi di incubazione e addestramento discutibili – e le f(x), che sono passate da cinque a quattro membri dopo un abbandono per “sfinimento”, ne sono la prova. Ma davanti a girlband e brani di questa robotica perfezione viene da pensare che, tutto sommato, il loro sacrificio sia giustificabile.

21 ⋅ TOVE LO ⋅ NOT ON DRUGS
Tove Lo si divide tra canzoni in cui è strafatta o canzoni in cui deve convincere l’interlocutore di non essere strafatta. In questo caso, è la seconda opzione. Amore = droga non è la più originale delle similitudini, ma lei ha la forza espressiva per farti credere a ogni parola che ti vomita addosso fino a metterti a disagio.

20 ⋅ ZHALA ⋅ PROPHET
Un mantra ipnotico che accelera costantemente e diventa così inquietante da far sembrare i The Knife due neomelodici. Robyn dice che, quando la sua protégée Zhala canta, “tutto è possibile”. E “Prophet” è davvero una canzone impossibile.

19 ⋅ TEGAN AND SARA FEAT. THE LONELY ISLAND ⋅ EVERYTHING IS AWESOME!!!
Le voci delle gemelle Tegan & Sara si prestano a una canzone che sembra solo una fastidiosa scemenza finché non ti ritrovi a cantarla dal momento in cui esci dal cinema fino all’eternità. E ogni volta ti ricorda che incredibile capolavoro sia The LEGO Movie.

18 ⋅ LYKKE LI ⋅ LOVE ME LIKE I’M NOT MADE OF STONE
Una canzone appena abbozzata (praticamente un demo), una preghiera e una voce spezzata che a malapena riesce ad arrivare alla fine. Nulla di più lontano dalle piste che suonavano “I Follow Rivers”; la vera Lykke Li.

17 ⋅ TWIN SHADOW ⋅ TO THE TOP
Era il singolo che anticipava un nuovo album, ma pare che George Lewis abbia poi deciso di ripartire da zero. Peccato, perché questa power ballad è la colonna sonora perduta della scena finale di un film anni ’80, quando l’eroe corre verso l’orizzonte in moto o qualcosa del genere.

16 ⋅ KIESZA ⋅ HIDEAWAY
A volte c’è tutto: la canzone, il video, la coreografia, la voce e un personaggio con una storia inusuale che attira la stampa. Forse Kiesza è destinata al girone degli one-hit wonder, ma può andarci nella certezza di avere creato qualcosa di davvero memorabile.

15 ⋅ PERFUME GENIUS ⋅ QUEEN
“Se mi vedono come una strega marina con tentacoli a forma di pene […] che cerca di convertire i babbani, be’, eccola qui.” Mike Hadreas, con l’aiuto di John Parish, acquista fiducia e si trasforma in regina. Inchinatevi.

14 ⋅ BECK ⋅ BLUE MOON
Tra tutti i versi per iniziare un brano, pochi potrebbero essere più incisivi di “I’m so tired of being alone”. E la solitudine di Beck, dopo dieci anni di esperimenti talvolta fine a se stessi, dà vita a un Sea Change 2.0 finalmente necessario.

13 ⋅ MY BRIGHTEST DIAMOND ⋅ PRESSURE
Shara Worden ha un’abilità tutta sua di portare una canzone nella direzione meno ovvia (e di cambiarla ancora, e poi ancora) riuscendo a stupire ogni dieci secondi. “Pressure”, in cui costruisce e disintegra la tensione alternando percussioni e fiati, urla e sospiri, è il suo insuperato capolavoro di architettura.

12 ⋅ KATY B ⋅ CRYING FOR NO REASON
Katy B lascia la discoteca, o almeno così sembra fino a metà canzone, quando ti accorgi che “Crying for No Reason” ti sta facendo ballare (a seconda dello stato d’animo, ballare E piangere, che dovrebbe essere lo scopo di ogni artista che si rispetti). Lena Dunham ha il dovere morale di inserirla nella prossima stagione di Girls e farla diventare un inno.

11 ⋅ MARCO MENGONI ⋅ GUERRIERO
Marco Mengoni torna con un pezzo potente e immediato, ma in cui Canova dissemina dettagli da scoprire ascolto dopo ascolto. Si è liberato del conformismo che soffocava gran parte di #Prontoacorrere e ora corre nella direzione opposta – quella giusta.

10 ⋅ ARIANA GRANDE FEAT. IGGY AZALEA ⋅ PROBLEM
Il revival anni ’90, il sassofono, Iggy Azalea e nessun ritornello: quattro caratteristiche indispensabili nel pop del 2014, confluite così brillantemente in “Problem” da generare una marea di imitazioni scadenti (mi riferisco soprattutto a te, Cheryl). La costruzione di una popstar pronta a dominare il mondo poteva passare solo attraverso una bomba simile.

9 ⋅ NENEH CHERRY ⋅ BLANK PROJECT
Una vera icona femminista del pop è tornata con un disco viscerale, umano e sostenuto da una produzione adeguatamente aggressiva. Mancava da 18 anni e non ha abbastanza eredi per abbandonarci per altri due decenni.

8 ⋅ JESSIE WARE ⋅ SAY YOU LOVE ME
In questa campagna, Jessie Ware ha provato a diventare una timida alternativa ad Adele: ha smussato gli angoli e ha puntato tutto su una ballata (scritta insieme a Ed Sheeran) che in un mondo ideale sarebbe la scelta per tutti i provini di talent del mondo. Ma la sua sensibilità forse non sarà mai mainstream, e il mainstream non sa cosa si perde.

7 ⋅ ALT-J ⋅ HUNGER OF THE PINE
Una band che è diventata un genere a se stante, e che risponde al successo amplificando la propria eccentricità fino ad accostare nella stessa canzone la citazione di un poeta francese romantico e un campionamento di Miley Cyrus. Gli alt-J sono una boccata d’aria, e immaginare quello che potranno inventarsi in futuro dà il capogiro.

6 ⋅ SOPHIE ⋅ LEMONADE
SOPHIE spreme in meno di due minuti un beat che rimbalza come la pallina di un flipper in cortocircuito e il ritornello di un tormentone estivo mai esistito. Inquietante, delirante e kawaii, “Lemonade” è la colonna sonora di un attacco di panico a bordo piscina.

5 ⋅ TAYLOR SWIFT ⋅ OUT OF THE WOODS
Prima di ottobre, il racconto di un incidente in motoslitta con Harry Styles sarebbe potuto essere al massimo il capitolo di una goffa fanfiction. Poi è arrivata Taylor Swift e ne ha tirato fuori un capolavoro di synthpop malinconico. Tra le tante polaroid sapientemente scattate dalla cantautrice in 1989, “Out of the Woods” è la più vivida.

4 ⋅ CHRISTINE AND THE QUEENS ⋅ SAINT CLAUDE
La risposta ideale a “Tous les mêmes” di Stromae: come il cantante belga, Christine trova un modo raffinato e armonioso di giocare sull’identità. E proprio come unisce il maschile e il femminile, trova un raro equilibrio tra il francese e l’inglese, la tradizione cantautorale e la modernità. Dato che probabilmente nessuno la inviterà a Sanremo, andate ad ascoltare Chaleur humaine subito.

3 ⋅ FKA TWIGS ⋅ TWO WEEKS
Nel video di “Two Weeks”, FKA twigs è un’imperatrice extraterrestre attorniata da cloni, e canta che le bastano due settimane per resettare la memoria di un amante e risintonizzarla su di lei. È il momento in cui esce dall’ombra e, da video girl dei video altrui, diventa protagonista del pop, piegandolo alle sue regole. Un caso pressoché unico in cui la soluzione si è rivelata migliore e più appagante del mistero.

RÖYKSOPP & ROBYN ⋅
2 ⋅ DO IT AGAIN ⋅
1 ⋅ MONUMENT
Nella dance e nell’ambient, le liriche sono l’ultima preoccupazione. La dance vive di parole semplici (e anche nell’EDM più verbosa di Avicii o Calvin Harris, il vocalist deve sempre farsi da parte quando arriva il drop strumentale); l’ambient, manco a dirlo, le vede come una distrazione non necessaria. Nei rispettivi generi, “Do It Again” e “Monument” sono eccezioni strepitose. La prima sfrutta la grande capacità di Robyn di attirare l’ascoltatore con la leggerezza e guidarlo verso il colpo di scena. Proprio come quando in “Call Your Girlfriend” si scopre che la chiacchierata amichevole è una serie di consigli interessati (perché Robyn è l’oggetto del tradimento), “Do It Again” parte come un pezzo euforico e svela lentamente il suo vero tema: la dipendenza da una persona sbagliata da cui la cantante non riesce ad allontanarsi. Il tono, che subito suggeriva si trattasse di un non ben specificato inno di empowerment (“we do what we want”), cambia nel bridge (“we should not be friends”) e acquista drammaticità sul crescendo finale finché ci si abbandona, con rassegnazione: “it hurts so good”. Con Robyn e Röyksopp non si può ballare serenamente né tantomeno aspettarsi che la loro ambient sia solo un piacevole sottofondo. “Monument” è una riflessione sulla mortalità (SBAM) che vede Robyn intenta a costruire un calco del suo corpo per lasciare qualcosa dietro di sé. È un brano monumentale, e non solo per la durata (9:57): è un testamento artistico per una cantante e un duo che passano dal rave al lounge e viceversa senza mai smettere di pensare.
Giuro che, man mano che leggevo, pensavo “se non ha messo Do it again je meno”. E invece sta lì, proprio dove deve stare. Bravone!
Mi ascolterò bene quelle che non conosco (o conosco poco) superando i pregiudizi ;)
non ti e’ piaciuta quindi “take me to church”?
Sì, ma è del 2013!
ah opps hai ragione. ma non la vedo manco nel post del 2013. vero e’ che e’ uscita allo scoperto in ritardo qui…
Da poco seguo questo blog; la classifica dei migliori singoli del 2014 mi piace assai. Mi sa che vi seguirò assiduamente d’ora in poi. Io avrei inserito anche “Best Friend” dei Foster The People, “Klapp Klapp” dei Little Dragon e “Cassy O'” Di George Ezra!
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