Addio, Festivalbar: arriva la compila di Pop Topoi

Il Festivalbar è morto da quattro anni e un po’ se ne sente la mancanza. Il sentimento di nostalgia non è certo legato al programma in sé, ma a quello che rappresentava: l’arrivo dell’estate. A maggio, ovvero quando iniziavano a passare la pubblicità su Italia1. Poi, però, La tua estate in musica finiva sul più bello, perché ad agosto il Festivalbar inspiegabilmente non andava in onda. Magari passavano le repliche e i conduttori presentavano le esibizioni delle puntate precedenti (giuro di ricordare Amadeus che lancia tormentoni pre-registrati usando il verbo “gettonare”. “Gettoniamo gli Articolo 31!”, ecc.). A settembre, la finalissima all’arena di Verona ti ricordava che – reality check – l’estate era bell’e finita, ma per un paio di sere potevi di nuovo riascoltare i brani che l’avevano accompagnata.

I premi, poi, non si è mai capito chi li decidesse e con quale criterio. Nel ’78, vinse Kate Bush; nel ’79, Alan Sorrenti, PER DIRE. In epoche più recenti, bastava individuare l’artista italiano più grosso che aveva un album in promozione quell’anno: Ramazzotti, Vasco, Ligabue.

Forse ci piaceva perché era una delle poche occasioni per vedere in TV alcune star internazionali, ma si trattava sempre di annoiate esibizioni in playback accompagnate da applausi registrati e pessimi siparietti. Il tutto avvolto dai troppi capelli della Panicucci.

Un altro intramontabile simbolo che appena nominerò avrà su di voi l’effetto di mille madeleine è la compilation del Festivalbar. Oh sì, quella blu e quella rossa, ovvero l’unico modo possibile per portarsi a casa tutto il tormentame estivo. Con quello che costavano, c’era da pensarci bene su prima di comprare il disco dal colore giusto, e sebbene la distribuzione delle hit nelle scalette sembrasse fatta apposta per complicarti la scelta, erano semplicemente il prodotto di due case discografiche diverse (la rossa era tradizionalmente EMI e la blu Sony o Warner).

Col Festivalbar, sono morte anche le compilation blu e rossa, ma non temete: arriva quella viola di Pop Topoi!  (Era molto più viola prima che la filtrassi con Instagram, ma è una manovra necessaria per attirare il pubblico indie.) Comprende 14 tracce nuove o nuovissime. Dopo il salto, un po’ di parole sulle scelte.

E ora, con permesso, vado in vacanza.

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1. Jay-Z & Kanye West, “Who Gon Stop Me”

Watch The Throne è un discone clamoroso. Strabordante di campionamenti, collaborazioni e tanto ego. E chi li ferma.

2. Beyoncé, “Best Thing I Never Had (original mix)”

Quando l’autore di “Best Thing I Never Had” (Patrick “j.Que” Smith) ha sentito il pezzo finito è rimasto un po’ interdetto e ha deciso di donare al mondo la versione con l’arrangiamento originale. La giusta vendetta di una canzone che non era destinata a essere una ballad, ma un incalzante pezzone anni ’80 che probabilmente avrebbe avuto molto più successo.

3. Chromeo feat. Solange Knowles, “When The Night Falls (Breakbot remix)”

La più indie delle sorelle Knowles si accoppia coi Chromeo in questo pezzo dell’anno scorso, ma con un remix nuovo di zecca e soprattutto ballabilissimo.

4. Jens Lekman, “An Argument with Myself”

Jens è tornato con quello che dovrebbe essere l’inno ufficiale dell’estate. Spensierato e tropicaleggiante,  è un piccolo flusso di coscienza del cantautore mentre passeggia impacciato per Melbourne. Tutti in coro: “Aww, Jens”.

5. Gotye feat. Kimbra, “Somebody that I Used to Know”

E da Melbourne arriva anche Gotye. (Eh, che aggancio!) La sua bellissima “Heart’s a Mess” nel 2007 era passata quasi inosservata, mentre questa break up song che sul ritornello ricorda paurosamente Sting, è già disco d’oro nella sua terra dei canguri.

6. Daley, “Those Who Wait”

Daley è il prototipo di hipster-Londra est, ma l’immagine è in netto contrasto con la sua languidissima voce. Lo tengo d’occhio da quando ha cantato in “Doncamatic” dei Gorillaz e dovreste farlo anche voi. Il suo primo album mixtape, tra l’altro, si scarica gratis dal suo sito. Se non vi basta il mio endorsement, fidatevi almeno di Damon Albarn.

7. Alex Clare, “Too Close”

Quando Paul Lester del Guardian ha dovuto scrivere il profilo di questo cantautore, si è trovato in seria difficoltà nell’identificare il genere della sua musica. In effetti, Alex Clare ha tutta l’aria di essere il tipo che se lo lasci in una stanza da solo con una chitarra, ti tira fuori una lagna à la James Blunt. Per fortuna che nella stanza sono entrati Diplo & Switch e hanno creato un mostro.

8. Nicola Roberts, “Beat of My Drum”

Non ho mai capito le Girls Aloud come insieme, figuriamoci prese singolarmente. Eppure, Nicola Roberts, messa nel tritacarne di Diplo (sì, ancora lui) e trasformata in una sorta di Barbie M.I.A., tira fuori un inatteso gioiellino pop. Il ritornello è troppo scemo per essere vero, ma è estate, su.

9. Willy Moon, “I Wanna Be Your Man”

Non si sa bene da dove salti fuori questo 21enne neozelandese, ma gli è bastato un video di 1 minuto e 50 secondi per attirare l’attenzione di molti appena quattro giorni fa. Willy Moon ha il nome e le sembianze di un cartone animato e pare uscito da Chi ha incastrato Roger Rabbit. Una specie di Janelle Monáe al maschile che pesca a piene mani dagli anni ’50 riarrangiandoli in maniera divertente, rumorosa, sporchissima e soprattutto attuale. C’è solo da sperare che non finisca nelle mani di una major che farà di tutto per “normalizzarlo”. Ma ci penseremo più avanti, questo minuto e 50 secondi di follia, per ora, è un’eccezionale sorpresa.

10. Jamie Woon, “Lady Luck”

Continua il mio endorsement per Jamie Woon nella speranza che qualcuno si accorga di lui. L’ho lodato in passato e non ho intenzione di smettere.

11. Rye Rye & Robyn, “Never Will Be Mine”

“Be Mine” è una delle più belle canzoni pop degli ultimi dieci anni, ma nessuno se n’è accorto. Meno male che Rye Rye ha deciso di rispolverarla e usarne il ritornello. I versi di Robyn, spogliati e rallentati, vengono accostati a un rap che amplifica l’amarezza della canzone originale. E riescono perfino a fare passare inosservato il modo in cui sono conciate queste due.

12, Lana Del Rey, “Video Games”

Lana Del Rey darà del filo da torcere a molte delle piacenti cantanti indie del nostro cuore. “Hollywood sadcore” è la definizione che questa newyorchese usa per descrivere la sua musica. Non si sa bene cosa voglia dire, ma non credo vogliate contraddirla.

13. CocknBullKid, “Yellow”

Sempre per la serie doveva-avere-successo-ma-il-mondo-è-ingiusto, arriva CocknBullKid. Uno degli esordi più gradevoli dell’anno; una serie di cover stupende con Eliza Doolittle, Gonzales e Clare Maguire; un video in cui si traveste da pupazzo Polifemo: ma cosa volete di più?

14. Basement Jaxx vs. Metropole Orkest, “Where’s Your Head At”

E per chiudere, un classico di dieci anni fa in versione orchestrale, frutto del recente scontro (dal vivo!) tra Basement Jaxx e la danese Metropole Orkest. Boom.

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5 thoughts on “Addio, Festivalbar: arriva la compila di Pop Topoi

  1. 1. Volevo anzi tutto complimentarmi per la coperAAARGH! Instagram! te lo perdono solo perché non lo si nota subito. Potevi inventarti di aver postprodotto abilmente il tutto a colpi di correzione colore e maschere di contrasto, sai, per farci più bella figura. Ma data la causa, stavolta passa.

    2. Awww, Jens! grazie per il promemoria.

    3. Alex è assolutamente sì. Totale.

    4. Io scarico anche se qualcosa la skippo!

    5. Buone vacanze!

  2. ottime iniziativa! magari può diventare una tradizione e puoi farne uscire 2 all’anno?! (il meglio del peggio di sanremo, ad esempio)
    da fanatico di itunes, speravo avessi già preparato gli mp3 per l’inserimento automatico in playlist con copertina e tutto, ma mi sono divertito lo stesso a farlo io… :)

    buone vacanze!

    p

  3. Sei un Figo Assoluto.
    Veramente.

    9 1/2. Buchi la perfezione perchè manca la traccia italiana scacciona, vero must di ogni Festivalbar blu o rossa.

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